Scuola statale laica e pluralista per tutte e tutti come strumento di eguaglianza e solidarietà; sostegno economico a famiglie e studenti dal nido all’università; no ai finanziamenti regionali alla scuola privata.
Contro la deriva liberista che investe anche l’istituzione scolastica riaffermiamo la funzione della scuola statale laica e pluralista per tutti come strumento di eguaglianza e solidarietà.
- Vogliamo una legge che preveda tempi distesi di apprendimento, che consideri i nidi per l’infanzia un servizio rivolto alla collettività, che inserisca la scuola dell’infanzia nella scuola di base con l’ultimo anno obbligatorio, il tempo pieno, l’obbligo scolastico dai 5 ai 18 anni, un biennio superiore unitario e un triennio di indirizzo e che sposti la formazione professionale dopo i 18 anni, secondo gli indirizzi della proposta di legge di iniziativa popolare “Per una buona scuola della Repubblica”, sottoscritta nel 2006 da 100.000 cittadini e cittadine e rimasta nei cassetti della Camera.
- Affermiamo il carattere nazionale del sistema scolastico respingendo la tentazione regionalistica e localista che si è sviluppata in questi anni e contenuta nella proposta di autonomia regionale avanzata dal presidente.
- Diciamo no ai finanziamenti regionali per la scuola privata.
- Il diritto allo studio universitario va reso effettivamente esigibile, per questo proponiamo l’introduzione del “reddito di formazione” in sostituzione dell’attuale sistema di borse di studio per permettere a tutti gli/le studenti di sostenere il costo dei corsi universitari; dotare ogni sede universitaria di una mensa gratuita funzionante e mettere a disposizione degli/delle studenti alloggi, capienti, efficienti e sicuri; forti riduzioni per gli/le studenti del costo degli abbonamenti per le linee dei trasporti pubblici e prevedere sull’intero territorio regionale facilitazioni facilitazioni per l’accesso e l’uso di servizi culturali e sportivi sull’intero territorio regionale.
- Respingiamo una politica che asservisce l’Università alle esigenze dei privati e dei gruppi industriali, e che porta a un impoverimento del patrimonio di conoscenze e, in generale, di quello culturale delle nostre Università.